
FATE MORGANE

Jean de Mandeville, allievo dello zoofitologo Hermann Hoem, trovò questi due esemplari incastonati nel tronco di un'artisia nel 2010. Poiché il nome di questa pianta parallela deriva dall'iscrizione "Artis Natura Magistra" riportata sul portale del giardino zoologico di Amsterdam, il dottor de Mandeville fece conseguire che l'artista italiano Umberto Boccioni avesse visto questi due esemplari in sogno prima di creare la sua scultura intitolata "forme uniche della continuità dello spazio" (1913).

Del resto Boccioni fu stimolato in questa sua ispirazione dal fatto non ancora smentito che Salvador Dalì per creare l'Elefante cosmico avesse sognato la Ragnagosta, che Mirò per creare Mere Ubu avesse sognato il Baciamano, così come Antonio Ligabue per alcune sue opere avesse sognato la tigre e il leone.
"Tra l'opera in questione di Boccioni e i due esemplari di zoofiti troppi formalismi coincidono per mettere in dubbio un'ispirazione onirica", scrisse de Mandeville al maestro avvisandolo della sua sensazionale scoperta. "Solchi e spigoli che segmentano i piani si proiettano in avanti, lo spazio s'insinua e s'avvita attorno ai due esemplari nella speranza di abbracciarli senza ferirsi o bruciarsi. Segmenti di materiale si alternano generando uno scorticato anatomico".
Così de Mandeville li inserì nell'enciclopedia degli animalegni con il nome di zoofiti futuristi.
La comunità degli zoofitologi polemizzò. In primis il tassonomo Carlo Ligneo, pur consapevole che chi scopre una nuova specie è libero di nominarla, affermò che una creazione artistica non può dare il nome a una creatura naturale in quanto quest'ultima è preesistente oltreché preordinata, l’iscrizione olandese dell'artisia afferma questo principio. Carlo Ligneo disse perciò che questi esemplari assomigliavano a due camini di fate di Cappadocia, formazioni del tutto naturali.
Da allora cominciò tra gli studiosi un balletto d'interpretazioni che continua ancor oggi. Gli architetti dissero che si trattava di due "antiche pagode giapponesi" erose dal tempo. Alcuni scrittori fantasisti le chiamarono due "fate metaforiche, per non dire torri". Gli astronomi, "astronavi che furono"; gli astrobiologi, radiolari di un’enciclopedia stellare". Due "cappelli plissé", sostennero gli stilisti. Un filosofo parallelo ci vide due "monadi velate"; due "emozioni", gli amanti. Insomma, ognuno in base alle proprie personali memorie ci vide una cosa, una proiezione.
Gli zoofitologi hanno raccolto tutte le interpretazioni in un'enciclopedia che tra le sue innumerevoli voci comprende:
- Due grumi lignei di Rorschach
- Ciò che resta di un canyon
- Cumuli di deiezioni di vermi
- Un tipo strano, copiando dalla lingua analitica di John Wilkins, propose due "lattonzoli imbalsamati appartenenti all'Imperatore che si agitano come pazzi e che da molto lontano sembrano mosche"
- Due "forme uniche della continuità dello spazio"; si è scoperto che questa voce è stata aggiunta insistentemente da uno pseudonimo sotto cui si celerebbe Jean de Mandeville
- La persistenza di due nodi lignei
- Sabbia spremuta dai pugni di un bambino
- Uno o forse due eccetera
Il credo popolare si riferisce a questi due individui chiamandoli Fate Morgane, del resto i miraggi contengono tutte le interpretazioni possibili. La saggezza degli zoofitologi si è adeguata a questo nome altrimenti nessuno riuscirebbe a discorrere di questi due esemplari senza nominare tutte le voci dell’enciclopedia.
L'enciclopedia è consultabile presso la biblioteca del museo zoofitologico di Pantàlia. Ogni giorno vengono aggiunte voci provenienti da tutto il paese, idee interpretative, ognuna presupporrebbe una storia. Si crede che alla fine l'enciclopedia possa comprendere tutte le voci dell'enciclopedia britannica e perfino di quella cinese. Sembra che l'ultima voce coinciderà con la fine della memoria dei suoi compilatori.
Le Fate Morgane hanno aperto uno squarcio nelle certezze degli zoofitologi, da questo punto di vista corrispondono al buco nero per gli astronomi che stanno cercando la risposta di cosa sia, non avendo però dubbio sul fatto che esista. Se le Fate Morgane fossero un'opera artistica si sarebbe risolto il loro mistero scoprendo il titolo lasciato dall'autore o scavando psicologicamente nella sua biografia, essendo invece un'opera del creato sta agli uomini la fatica di decidere il loro nome, come hanno fatto dall'inizio ordinando le cose della realtà; c'è chi sostiene che per questa ragione esse siano arte superiore.