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SCULTURE XILOSOFICHE

I fitomorfoplasmi sono opere d’arte di fantastico naturale. 

 

I legni narrativi sono come le pietre figurate di Roger Caillois. La materia possiede una forza creatrice che anticipa le opere d’arte dell’uomo.

In questi legni la scrittura si collega al capolavoro naturale che, dopo la crisi moderna della rappresentazione, è considerato l’ultima forma artistica possibile.

La scrittura porta a compimento ciò che nelle forme è solo abbozzato, alluso, ciò che il legno ha immaginato. La materia inerte rivive così di un’anima fantastica resa possibile dalla ricerca del riconoscimento delle sembianze nel mondo reale e nel mondo dell’inconscio.

Omero

"[Questi legni] sono segnali discreti, ambigui, che attraverso filtri e ostacoli di ogni tipo ricordano che deve pur esistere una bellezza generale, anteriore, più vasta di quella che l’uomo può intuire, in cui egli trova il proprio godimento e che è orgoglioso di produrre a sua volta. 

Le pietre – non loro soltanto, ma radici, conchiglie e ali, ogni elemento ed opera della natura – contribuiscono a dare l’idea delle proporzioni e delle leggi di questa bellezza generale che è soltanto possibile congetturare. Al confronto, la bellezza umana non rappresenta che una formula in mezzo alle altre. 

La nuova bellezza dipende assai più dalle strane alterazioni della natura del corpo, oppure dalla forma acquisita per effetto dell’erosione o di una felice spaccatura. Appare un disegno, o un profilo insolito. Il sognatore si compiace di riconoscervi il calco imprevedibile e, a questo punto, stupefacente, quasi scandaloso, di una realtà ignota.

Certamente solo il caso è all’origine del prodigio. Tutte le somiglianze sono del resto approssimative, incerte, talvolta lontane dal vero, decisamente arbitrarie. Non appena intuite, diventano però subito tiranniche o offrono più di quanto avevano promesso. Colui che le sa osservare vi scopre senza sosta nuovi dettagli che completano la presunta analogia. Immagini di questo tipo miniaturizzano a beneficio dell’interessato ogni oggetto del mondo, gliene riproducono per sempre una copia, che egli tiene nel cavo della mano, che può collocare a suo piacimento o chiudere in una vetrina.

Questa perfezione quasi minacciosa, perché si basa sull’assenza di vita, sull’immobilità visibile della morte, traspare [nei legni] in tanti modi diversi, che si potrebbero enumerare i tentativi e gli stili dell’arte umana senza forse scoprirne uno solo che già non avesse in loro un equivalente. Non è il caso di stupirsi: le pratiche più tortuose dell’animale disorientato non saprebbero coprire che un settore infimo dell’estetica universale. Qualsiasi immagine l’artista concepisca, per quanto essenziale, ridondante, tormentata l’abbia voluta, per quanto lontana da qualsiasi apparenza conosciuta o probabile cui gli sia riuscito ricondurla, chi può assicurare che nelle vaste riserve del mondo non si ritroverà una effigie che le somigli e in qualche misura la ripeta?

Non esiste in realtà né essere, né oggetto né mostro, né monumento né evento né spettacolo della natura, della storia, della favola o del sogno, nulla di cui uno sguardo incantato non possa intuire l’immagine dentro le chiazze, nei disegni, nei profili di [questi legni].


(La scrittura delle pietre, Roger Caillois, Casa Editrice Marietti, 1986)

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Tutte le sculture xilosofiche sono conservate nel Museo dei fitomorfoplasmi di Pantàlia.

Lungimiranti pensieri artistici su queste opere sono nella think gallery.

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