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I WOODYS E LE STORIE XILOSOFICHE

Nella mitologia greca le Amadriadi sono le ninfe dei boschi, vivono nel tronco degli alberi e sono inseparabili dal destino della pianta.

 

Ovidio, più di duemila anni fa, nelle Metamorfosi racconta di persone trasformate in alberi da cui continua a emanare la loro anima. Dafne è mutata in alloro, Siringa in un ciuffo di canne palustri, Le Elìadi in pioppi, Drìope in giuggiolo. I vecchietti Filemone e Bàucide sono i soli a ospitare Giove e Mercurio, che per ricompensa esaudiscono il desiderio dei due sposi. 
"«Vorremmo andarcene nello stesso instante: che io non debba mai vedere la tomba di mia moglie, né lei debba tumulare me»... E un giorno, mentre sfiniti dagli anni, … Bàucide vide Filemone coprirsi di fronde, il vecchio Filemone vide coprirsi di fronde Bàucide. E mentre già una cima cresceva sui loro due volti, continuarono a scambiarsi parole, finché poterono, e «Addio mia metà» dissero nello stesso momento, e la scorza velò e suggellò in uno stesso momento le loro bocche".

Dryope in arborem. Hans Vredeman de Vries (1591 ca.) 

Ovidio nelle Metamorfosi descrive così la trasformazione di Dafne in alloro.
"Un pesante torpore le pervade le membra, il tenero petto si fascia di una fibra sottile, i capelli si allungano in fronde, le braccia in rami; il piede, poco prima così veloce, resta inchiodato da pigre radici, il volto svanisce in cima. Conserva solo la lucentezza. Anche così Febo la ama, e poggiata la mano sul troco sente il petto trepidante ancora sotto la corteccia fresca, e stringe fra le sue braccia i rami, come fossero membra, e bacia il legno".

Apollo e Dafne (1622), Bernini

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 La trasformazione delle Elìadi in pioppi e le loro lacrime in ambra. 

"Quand'ecco che Faetusa, la sorella più grande, voleva prostrarsi a terra, ma si dolse che i piedi le si erano irridigiditi; la candida Lampezie cercò di andare verso di lei, ma fu trattenuta da un'improvvisa radice; una terza, che intendeva stracciarsi con le mani i capelli, strappò delle frasche. Questa si lamenta che un ceppo le serri le gambe, quella che le braccia diventino lunghi rami. E mentre si meravigliano, una corteccia serra l'inguine e gradatamente fascia il ventre, poi il petto, poi le spalle, poi le mani, e rimangono scoperte soltanto le bocche, che invocano la madre… che … tenta di strappar fuori i corpi dai tronchi, e con le mani spezza rami teneri. Ma da questi stillano gocce sanguigne, come da ferite. «Addio, è finita …». La corteccia si chiude sulle ultime parole" (Metamorfosi. Ovidio.)

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 Mirra viene trasformata perché commette incesto.

"Mentre parla, della terra si ammucchia attorno alle sue gambe:; le ugnhie dei piedi si fendono e buttano fuori radici oblique, sostegno di un lungo fusto. Le ossa si fanno legno (ma all'interno il midollo resta), il sangue trapassa in linfa, le braccia in rami grandi, le dita in rametti, la pelle s'indurisce in corteccia. E già la pianta creascendo ha fasciato il ventre gravido e ha sommerso il petto e sta per coprire il collo: non tollerando più indugi essa si fa scivolare giù incontro al legno che sale e il suo volto scompare sotto la scorza… Anche le lacrime possono essere onorate; le sue, che stillano dal tornco, hanno da lei il nome di mirra, e celebri saranno in eterno. E ora la creatura sciaguratamente concepita era cresciuta, sotto il legno, e cercava una via per districarsi e lasciare la madre… Compaiono delle crepe, e dalla corteccia squarciata l’albero dà alla luce un essere vivo: un fanciullo (Adone)". 
(Metamorfosi. Ovidio.)

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"Nella medicina indù tradizionale veniva assegnata a un individuo psichicamente disorientato una fiaba che interpretava il suo particolare problema. Egli doveva farne l'oggetto della sua meditazione, e ci si aspettava che in questo modo fosse indotto a visualizzare sia la natura delle sue difficoltà sia la possibilità di superarle". 
(Bruno Bettelheim. Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe. Feltrinelli, 2008. Pg.29)

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"Le fiabe possono sembrare assurde e fantastiche, paurose e totalmente incredibili per l'adulto che è stato privato della fantasia di tipo fiabesco durante la propria infanzia, o ha represso questi ricordi. Un adulto che non abbia raggiunto una sufficiente integrazione dei due mondi della realtà e dell'immaginazione non è in grado di recepire queste storie. […] Per il bambino, e per l'adulto che, come Socrate, sa che permane un fanciullo anche nel più saggio di noi, le fiabe rivelano delle verità circa l'umanità e noi stessi". 
(Bruno Bettelheim. Il mondo incantato. Uso, importanza e significati psicoanalitici delle fiabe. Feltrinelli, 2008. Pg.67)

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"Poter dar vita, attraverso l'esperienza terapeutica dell'Analisi Immaginativa, ai personaggi di quelle favole che siamo noi stessi, incontrarci o scontrarci con i nostri fantasmi interni, ci permette di liberare parte dell'affettività in essi bloccata, ma soprattutto ci aiuta a prendere coscienza delle nostre modalità relazionali, a restituire senso alla storia che abbiamo scritto e a quella che desideriamo scrivere". 
(Come in una favola. Lavorare con l’analisi immaginativa per recuperare il magico mondo che è in noi. Stefania Fioruzzi De Stasio. Mondadori, 2004. Pg.11)

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 "Ascoltare le proprie emozioni, dare voce al proprio mondo interno, lasciar emergere sogni e favole, per poter continuare a sognare e a far sognare, ma soprattutto per trasformarci in autori di quella favola che ancora deve essere scritta, che è la nostra vita". 

(Come in una favola. Lavorare con l’analisi immaginativa per recuperare il magico mondo che è in noi. Stefania Fioruzzi De Stasio. Mondadori, 2004. Pg.163)

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 "La grazia del metodo è nelle risonanze. Ci vogliono capacità di sognare, e poi intuito e fiuto per le sincronicità, infine ci vuole la capacità di portare nel concreto quanto di impalpabile è stato colto nell'etereo". 

(C’era una volta … un cantastorie in azienda. Piera Giacconi, Franco Angeli, 2011. Pg.44)

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 " … per far accadere gli eventi all'incontro sincronico con la risposta cercata, ci vogliono dei sensi risvegliati: saper ascoltare, saper vedere oltre, saper cambiare punto di vista e angolazione, in modo da poter dialogare con l'Infinito dei Possibili, che è pura Creatività all'ennesima potenza". 

(C’era una volta … un cantastorie in azienda. Piera Giacconi, Franco Angeli, 2011. Pg.97)

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 "L'emozione è senza dubbio costruttrice di simboli: ma si è in grado di passare dall'emozione alla forma? Dalla percezione dell'istante alla costruzione di una durata? Le risposte sono nella capacità di cogliere il senso intrinseco e stratificato del nostro comune e condiviso mondo della vita". 

(I simboli e l’invisibile. Figure e forme del pensiero simbolico. Elio Franzini. Il Saggiatore, 2008. Pg.250) 

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Le parole di Roger Caillois in La scrittura delle Pietre ci portano nel fascino di una scrittura anche nei legni.

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