
IL VISCONTE DIMEZZATO

“Quella notte, benché stanco, Medardo tardò a dormire. Guardava in cielo le stelle di Boemia, pensava alla battaglia dell’indomani. Ancora per lui le cose erano intere e indiscutibili, e tale era lui stesso. Se avesse potuto prevedere la terribile sorte che l’attendeva, forse avrebbe trovato anch’essa naturale e compiuta, pur in tutto il suo dolore.
L’indomani a spada tratta si trovò a galoppare per la piana. Pensava: “Vedrò i turchi, vedrò i turchi”. Nulla piace agli uomini quanto avere dei nemici e poi vedere se sono proprio come ci s’immaginava. Li vide, i turchi. Il cavallo di Medardo si fermò a gambe larghe. Aveva tutte le coratelle digià in terra. Il povero animale guardò in su, al padrone, poi abbassò il capo come volesse brucare gli intestini, ma era solo uno sfoggio d’eroismo: svenne e poi morì. Medardo di Terralba era appiedato. Si gettò nella mischia. Entusiasta e inesperto, non sapeva che ai cannoni ci s’avvicina solo di fianco. Medardo di Terralba saltò in aria. Il corpo del visconte apparve orrendamente mutilato. Gli mancava un braccio e una gamba, non solo, ma tutto quel che c’era di torace e d’addome tra quel braccio e quella gamba era stato portato via, polverizzato da quella cannonata presa in pieno. I medici cucirono, applicarono, impastarono. Adesso era vivo e dimezzato”.
(Il visconte dimezzato, Italo Calvino)
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E la testa?
Eccola qua.